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“ L’abbondono è l’eroismo della mediocrità”
“ L’abbondono è l’eroismo della mediocrità”
News pubblicata il 14-10-2015

Il neo presidente del CONI,  Malagò  lamentava tempo fa  il fatto che troppi ragazzi abbandonano troppo precocemente l’attività sportiva.Forse la nostra società  spinge  i ragazzi a dare poca importanza alle cose “durature”?L’età d’oro dell’abbandono è quella che va dai 15 ai 17 anni.Viene definita d’oro, perché è senz’altro l’età della maturazione, come persona prima e come atleta dopo, e l’età col più alto numero di “abbandoni. E’ l’età nella quale si cambiano le priorità venendo spesso attratti da attività più “ludiche e sociali” che la stessa società impone e sponsorizza. Tutti gli atleti, che come tali decidono di “impostare”  una parte della loro vita quotidiana sullo sport, sono dei privilegiati. Privilegiati per i seguenti motivi:Possono fare attività sportiva(con tutti benefici fisici, caratteriali, di maturazione etc). Hanno una giornata piena. Nessuno può permettersi di “buttare” via il tempo.Imparano il concetto di sacrificio per un risultato e soprattutto che da soli non si ottiene nulla.I più fortunati e dotati, potranno fare nella loro vita il lavoro più bello del mondo. L’atleta.                                                                               Però arriva quell’età, dove conciliare lo sport agonistico con il “resto” diventa “impossibile”.                                                  E qui abbiamo 2 filoni di “abbandoni”.                                       1) Abbandono “scolastico”. Imposto dai genitori o imposto da se stessi per una sorta di autocommiserazione dovuta alla delusione dei propri genitori.                             2) Abbandono “sociale”. Scelto da se stessi per dedicare il proprio tempo libero ad altre attività dalle più “nobili” alle peggiori.                                               
Punto primo (abbandono scolastico)
 L’abbandono per la scuola è la scelta più ridicola a cui si possa assistere. E nei 90% dei casi, si è rivela anche influente o addirittura controproducente per il rendimento scolastico.Pensare che un ragazzo di 15 anni non sia in grado di gestire l’attività giornaliera su due impegni, scuola e sport è mortificate e riduttivo nei confronti del ragazzo stesso.  Un’attività scolastica dedicata di 8/9 ore  tra attività a scuola e attività a casa è più che sufficiente. Ed è anche scientificamente provato, che l’attenzione di una persona non può essere illimitata nel tempo. Quindi anche quei genitori che hanno così poca fiducia nei propri figli non li aiutano nella loro crescita caratteriale.                                                                                Un ragazzo che a 15 anni deve studiare dalle 16.00 alle 21.00 tutti i giorni, o fa una scuola non adatta a lui, o perde tempo durante il giorno. In entrambi i casi, aumentare il numero di ore dedicate allo studio è controproducente, perché non si risolve il problema ma lo si tampona fino a portare al rigetto il ragazzo stesso.                                       
Inoltre si fa passare un duplice messaggio negativo:
 Nella vita quando si è in difficoltà puoi sempre scappare dalle difficoltà invece di affrontarle.  Lo sport è un passatempo e non ha alcun beneficio. Poca importa poi se si ha il 50 % di obesità adolescenziale ed infantile, che aumentano le malattie cardiache, che ci sono maggiori difficoltà relazionali nelle nuove generazione etc…Quindi tutto quello che si è fatto fino a quel momento, perde di importanza e passa in secondo piano.Poi ci sono quelli che lasciano per una propria morale. Ma anche qui, si è di fronte a ragazzi di scarsa personalità e di carattere fragile. Ragazzi che preferiscono dire a se stessi: “non ce la faccio” piuttosto che: “ce la posso fare, perché se ce la fanno gli altri se la posso fare anche io”.                 
E’ sempre una questione di atteggiamento mentale e soprattutto i ragazzi di questo “gruppo” avrebbero bisogno di continuare per rafforzare il proprio carattere, perché non c’è nulla come lo sport che riesce a fortificare la propria personalità, ad imparare a prendere decisioni piuttosto che subirle.                                                                                  
Tutte queste considerazioni sono su un vissuto di molti anni,con molti  ragazzi che hanno abbandonato l’attività in corso d’anno (i peggiori, perché non hanno saputo neanche mantenere un impegno preso anche nei confronti dei propri compagni) oppure a stagione finita.                           
In entrambi i casi, nessun miglioramento scolastico si è registrato, anzi. In alcuni casi si è avuto un peggioramento, probabilmente nei casi in cui l’abbandono è stato imposto, perché vissuto come un’ingiustizia. Lo sport o un’attività extra quotidiana, aiuta a scaricare e a “staccare” dalla quotidiana attività di studio. Sono le “altre” distrazioni, o la mancanza di voglia di studiare che non consentono al ragazzo di studiare.                                 Punto secondo( abbandono sociale ) 
 Trattasi di coloro, che lasciano per altri interessi ,semplicemente,sono,  cambiate le priorità e gli interessi.Poi si può discutere a lungo, su quali possono essere gli interessi per i quali vale la pena mollare. Anche qui vale però sempre lo stesso discorso fatto in precedenza. Si lascia a fine stagione. Non in corso di stagione. Ma qui conta molto l’educazione ricevuta anche dai propri genitori e l’importanza che questi danno al mantenimento degli impegni presi.Sono valide tutte le attività culturali, sportive (cambio sport), volontaristiche. Un po’ meno quelle “da branco” (stare tutti i giorni in giro a cazzeggiare) o solitarie (stare in casa sui social network o a giocare alla play etc..). Alla fine dei conti però, quando un atleta abbandona, soprattutto “nell’età d’oro”, deve essere vista dagli allenatori un po’ come una sconfitta. Poi ci si può nascondere dietro a mille scusanti: non aveva voglia, era poco dotato, non veniva mai e così via.Spesso ci  si dimentica tra serie, ripetute, esercizi, schemi di dedicare del tempo ad appassionare, a creare quel qualcosa che spinge i ragazzi  a venire ad allenarsi perché si sentono bene, si sentono a casa.Uno non lascia mai un posto in cui sta bene, a meno che non sia forzato a farlo. In questo caso, si può fare ben poco. Negli altri casi, quando si  intravede qualche segnale, conviene subito cercare un riparo, sia che l’atleta sia bravo, sia che l’atleta sia scarso.Senza però scendere a compromessi.    
Per gli atleti:

 Non mollate mai una cosa che per anni vi è piaciuta se non per un vero e valido motivo. Il 95% dei motivi sono vostre auto giustificazioni per convincervi ad aver fatto la cosa giusta. Nei 95% dei casi, a distanza di qualche anno rimpiangerete la scelta.                                                                                 
 Per i genitori:
Supportate sempre i vostri figli nelle loro scelte senza dare voi una classificazione di importanza. Ogni impegno, in quanto tale, è importante. Se volete figli colti, privilegiate la scuola, se volete figli intelligenti e maturi, fategli assumere le loro responsabilità.                                                              
Per gli allenatori:            
Non pensate mai che quando un atleta abbandona,  è colpa sempre e solo dell’atleta. E un atleta perso è sempre e comunque un fallimento, per chi come obiettivo ha quello di portare atleti in prima squadra. Quindi se volete vincere i campionati giovanili, curate solo i più forti in quel momento e tralasciate i più deboli; se volete creare degli atleti, abbiate pazienza e curate tutti gli atleti, anche quando  questi vogliono mollare.                                                                                                    Promettere e mantenere è una cosa che porta lontano.